Se fosse un film, la prima scena sarebbe un interno giorno.
Uomo con mani grandi e ruvide, fronte spaziosa e sigaretta portata al lato della bocca fa un gesto ampio, felpato, calcolato e lancia sul tavolo di una cucina una mazzetta di giornali.
“Stouf”, dice il legno quasi ad ammortizzare.
Ecco, io sarei quel bambinetto lì dietro che vede la scena. E per dire “chi sono” oggi devo partire da lì.
Tutti i giorni che Dio mandava in terra, Alessandro Motta, classe ’42, mio padre – per l’Inps “artigiano edile”, per me colui che lavorava sempre, sui ponteggi a torso nudo, arso dal sole d’estate, e d’inverno si scaldava però con una scodella di vino e le carte in mano in innumerevoli bar – comprava una mezza dozzina di quotidiani. E li leggeva.
Che Hegel chiamasse quella roba lì “la preghiera laica del mattino” non me l’aspettavo. Ma ora che lo so, forse questa è l’unica scena che possa “dare senso al tutto”.
Per il resto ho attorno a 40 anni e una complice e compagna, Greta, con cui rido molto. Insieme, nel 30esimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, abbiamo donato a noi stessi e al mondo Emilio Motta Rizzi (sì, gli abbiamo dato il cognome sia del padre che della madre, ndr).
Dal 2006, avevo 24 anni, mi guadagno da vivere facendo il giornalista. Iscritto all’Ordine professionale dell’Emilia-Romagna. Pubblico i primi articoli occupandomi di scuola e con il quotidiano “La Cronaca” di Piacenza, prima di venire chiamato dall’allora direttore del quotidinao Libertà, Gaetano Rizzuto. Oggi sono un giornalista e comunicatore freelance. Lavoro per agenzia di stampa internazionali, ho collaborato con diverse testate nazionali e con Report (Rai3); ho realizzato format, condotto centinaia di incontri “live” con pubblico e sulla mia strada ho avuto la fortuna di incontrare e raccontare tante storie, tutte diverse. Candido Cannavò, compianto direttorissimo della rosea e non solo, diceva sempre di avere il sogno di un giornale fatto solo di buone notizie. Personalmente, le storture più becere del sistema e gli animi più crudeli ho incontrato più spesso raccontando il reale, e sovente menti illuminate e precorritrici di quello che ci attende.
Ho realizzato medio-lungometraggi di ambito sociale e attualmente mi occupo della comunicazione della Camera del Lavoro di Piacenza. Attualmente sono componente della Giunta esecutiva della FNSI (Federazione nazionale della Stampa – www.fnsi.it) a Roma e della Segreteria con delega – ça va sans dire – al Lavoro autonomo e rappresentante dei giornalisti nella Commissione per l’Equo Compenso giornalistico (legge 233/2012) istituita presso il Dipartimento Editoria – Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le questioni collettive le porto avanti fin dai tempi delle superiori. Ero rappresentante degli studenti in una scuola mitologica: Istituto tecnico per Geometri “Alessio Tramello” di Piacenza – scuola di vita e di strada – e credo che nessuno tranne i miei prof di Italiano, Storia, Educazione Fisica e Chimica (sì, Chimica) avrebbe mai pensato di ritrovarmi giornalista. Una preparazione di base quanto mai “a caso”, ma infine azzeccata. Lo scoprii alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Parma nei primi 2000. Onnivoro di libri con pochi punti fermi: Italo Calvino, Isaac Asimov, Tiziano Terzani, Luigi Pirandello, Dylan Dog.
La prima volta che ho messo piede in una redazione avevo 23 anni, studiavo ancora. In via Chiapponi, redazione del quotidiano “La Cronaca di Piacenza”: da lì la faccenda di raccontare i fatti e farmi domande si è fatta seria (e molto, molto appassionante). Nel 2006 vengo chiamato a Libertà dal direttore Gaetano Rizzuto su segnalazione del capocronista e inviato Giorgio Lambri. Il quotidiano fondato da Ernesto Prati nel 1882 per Piacenza non è semplicemente “il giornale”, ma sostanzialmente se non è stato scritto su Libertà un fatto pare non esser mai avvenuto.
Ho fatto parte di questa realtà fino al 2018: maestri rigorosi li ho trovati in Fulvio Ferrari, Paolo Marino, lo stesso Lambri e Maurizio Pilotti solo per citare i primi in ordine cronologico che mi hanno corretto, sostenuto, insegnato. Sul campo, sono stati il compianto amico e super collega, Gianluca Perdoni, e il mitologico Ermanno Mariani a “tirarmi su” come cronista.
Cronaca nera, giudiziaria; politica; economia e lavoro sono stati i settori che ho seguito di più. Dai giri di nera alle inchieste giudiziarie; omicidi, rapine; vite spezzate prima del dovuto e ruberie dei “colletti bianchi” e dei “ladri di polli” sono stati la mia palestra.
Oggi, nasce questo sito che mi costringe per la prima volta a scrivere “chi sono”. Sono in divenire, flessibile, curioso rispetto al mondo e affamato di umanità. Ma oggi che i confini tra la vita online e quella offline si sono dissolti all’ombra dell’iper-connettività, in cui tutti siamo parte h24 di una “Infosfera” globale e il flusso di informazioni è continuo e ci raggiunge sempre, era arrivato il tempo di aprire il mio spazio online.
Eccolo.
